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Diritto del lavoro

Il reato penale (sic!) di un PM che non parla neanche bene il diritto del lavoro, ma si vede che si fa capire bene quando vuole


“nihil sub sole novum” o meglio, nulla di nuovo per i giuslavoristi.

Nulla di nuovo almeno per chi, come il sottoscritto, da sempre sostiene che i riders siano lavoratori subordinati o quantomeno meritevoli di tutela.

Sui riders si è detto di tutto e di più.

Si è detto che sono lavoratori autonomi a cui si applica la disciplina del lavoro subordinato se co.co.co.

Si è fatta loro una legge ad hoc da applicare se autonomi.

Si è detto che sono lavoratori subordinati a tutti gli effetti.

Si è detto che sono sfruttati dai caporali.

Si è polemizzato sul nuovo CCNL che reintroduce il cottimo, che la legge avrebbe voluto evitare.

Insomma, il PM non dice nulla di nuovo a noi giuslavoristi sui riders, anzi – se proprio vogliamo dirla tutta – lo dice anche male: “si deve procedere ad una riqualificazione contrattuale del rapporto che lega i rider alla singola società di delivery: non più infatti una prestazione auonoma di naturale occasione ex art. 2222 c.c., bensì – piuttosto – una prestazione di tipo coordinato e continuativo, come disciplinata dall’art. 2, primo comma, del D.Lgs. 81/2015, così come affermato dalla Suprema Corte di Cassazione (cfr. sent. N. 1663 del 24 gennaio 2020).”

Un po’ come quando gli inesperti della materia parlano di “reato penale”, si confonde “etero-organizzazione” con “coordinamento” subito dopo aver parlato di ”riqualificazione

Ma comunque il PM si fa capire bene quando vuole (ed al sottoscritto tanto basta): per il danno contributivo ed assicurativo patito dai riders, i delivery dovranno pagare oltre 733 milioni di euro.

Adesso la palla passa alle società che dovranno nelle more di un giudizio penale dimostrare la natura autonoma del rapporto di lavoro dei ciclofattorini.

1 risposta su “Il reato penale (sic!) di un PM che non parla neanche bene il diritto del lavoro, ma si vede che si fa capire bene quando vuole”

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