Categorie
Diritto del lavoro

Smart working nel pubblico impiego: cosa dice il DPCM di Brunetta?

È stato da poco firmato il famigerato DPCM Brunetta relativo allo smart working nel pubblico impiego, ma cosa dice esattamente?

Bisogna fare chiarezza, perché il contenuto potrebbe essere frainteso.

Il decreto non dice che il dipendente pubblico non potrà più fare smart working dal 15 ottobre 2021.

Il DPCM dice semplicemente che dal 15 ottobre 2021 “la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle [pubbliche] amministrazioni è svolta in presenza”.

Ma anche durante durante il lockdown nel settore privato la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione era in presenza.

Non v’è motivo dunque per ritenere che un dipendente pubblico in modalità agile dovrà necessariamente rientrare a lavoro dal 15 ottobre.

Non solo perché quest’imposizione, se trovasse come unico fondamento il DPCM, andrebbe a tradire la buona fede e correttezza della pubblica amministrazione, in assenza di ragioni giustificate da concrete ed effettive esigenze connesse agli incarichi di servizio in concreto assegnati al lavoratore.

Ma anche perché continuano ad avere piena applicazione le disposizioni emergenziali sul diritto sul diritto allo smart working, che sono norme di contenuto speciale rispetto alla più generale disposizione dettata dall’art. 1 del DPCM.

Si veda a tal proposito l’ordinanza del 20 giugno 2020 del Tribunale di Roma, che chiarisce ampliamente il fondamento delle pretese allo smart working di un pubblico dipendente.

Cosa dice allora il DPCM di Brunetta sullo smart working nel pubblico impiego?
Un bel niente.

Basta con questa disinformazione, che alimenta semplicemente odio nei confronti dei pubblici impiegati immeritatamente.
I fannulloni esistono ovunque, nel settore pubblico e nel settore privato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *